Trasformare l’ex caserma Dante Alighieri da vuoto urbano di 3 ettari in pieno centro storico di Ravenna in uno spazio polifunzionale dedicato a studenti, associazioni e promozione enogastronomica locale. E’ un progetto concreto quello realizzato da due neo-architetti ravennati, Lorenzo Monaldini e Luca Galassi. Il loro studio, premiato nella categoria ‘Restauro’ di Archiprix, è stato presentato ieri sera a Palazzo Bezzi al termine dell’incontro che la lista civica Insieme per Cambiare ha dedicato ai temi dell’adolescenza e degli spazi pensati per i giovani.

Il punto di partenza, per Monaldini è uno: «Un’area simile ha molti problemi perché è enorme, ma ne avrà molti di più se non si riesce a trovare una destinazione. Sarebbe possibile pensare questi spazi in modo virtuoso, dando una risposta a un bisogno reale». L’ex caserma «non può essere un luogo monofunzionale ma un “programma misto” con attività che producono reddito e altre che puntano invece alla socialità». Proprio da queste, secondo lo studio, bisogna partire per evitare il degrado della struttura. Come? «Favorendo l’appropriazione spontanea delle parti ancora in buono stato per un periodo determinato, puntando in prima istanza alla riapertura. Ci sono spazi che si prestano a studentato, mensa universitaria, aule studio. Altri che potrebbero essere sfruttati per valorizzare il patrimonio enogastronomico della città».

Il progetto segue la linea di alcuni esempi virtuosi del Nord Europa, dove le associazioni hanno la possibilità di richiedere spazi inutilizzati senza pagare canoni d’affitto e provvedono in cambio alla manutenzione ordinaria. «Si evita in questo modo che edifici poco appetibili sul mercato immobiliare e difficilmente gestibili dalle amministrazioni vadano incontro al progressivo degrado, ma anzi, vadano a soddisfare la crescente richiesta di luoghi di ritrovo per i giovani», ha concluso l’architetto».

E’ proprio questo il fulcro attorno al quale si sono alternate le testimonianze dei relatori principali dell’incontro organizzato dalla lista civica.

Ad aprire il dibattito è stata Maria Gabriella Baldassarre, insegnante e candidata di IxC: “Vale la pena spendere forze ed energie per i nostri ragazzi – ha esordito –. Nel territorio ci sono già realtà in grado di stimolarli, ma questo dibattito vuole arricchire le proposte”.

Dario Seghi, psicologo-psicoterapeuta con 35 anni di esperienza professionale, ha fornito gli spunti teorici per la discussione, a partire dai poli opposti che regolano il processo di crescita e formazione degli adolescenti verso il bisogno di gruppo: attaccamento e separazione, affetto e regole, stabilità e cambiamento. «La voglia di gruppo – ha spiegato – risponde al bisogno di ogni ragazzo di esplorare e staccarsi dal contatto famigliare. Di fronte a questi tre sfondi il cucciolo di uomo ha il desiderio di fare squadra e verso gli 11 anni la vita di gruppo diventa fondamentale dato che il proprio io matura meglio a contatto con l’io degli altri». Nei contesti della vita quotidiana le circostanze per fare gruppo non mancano: scuola, sport, arti espressive come canto, danza e teatro, oratorio, “cybergruppo”, e gruppi non istituzionali. «In ognuno – ha continuato Seghi – ci sono i pericoli e le opportunità e sta all’educatore guidare queste occasioni».

Che cosa potrebbe fare l’amministratore per venire incontro a tutte queste esigenze complesse? «E’ indispensabile – ha concluso lo psicologo – trovare persone che intercettino i bisogni degli adolescenti: le associazioni sportive e sociali possono fare molto in relazione agli spazi, ma bisogna formare educatori che vadano oltre queste strutture”.

«Quelli di oggi sono adolescenti che passati dallo stile ‘Charlie Brown’ a quello ‘Bart Simpson’». Gilberto Borghi, insegnante e pedagogista, ha portato l’esperienza di tanti anni di insegnamento. «Quando ho iniziato, facevo questa domanda ai ragazzi di quarta superiore: “Prova a dire come sarai tra 4 anni”. Da un po’ di tempo la risposta è cambiata e noto una grossa difficoltà a guardare lontano, anche semplicemente immaginare un progetto per sé stessi. Sembra che non riescano a vedersi nel mondo degli adulti. C’è una grande diffidenza, ma soprattutto colgono immediatamente se la persona è di loro interesse. Per questo c’è bisogno di formare educatori che abbiano competenze aggiornate e spalle solide». Chi governa dovrebbe quindi «fare qualcosa fuori dagli schemi, occuparsi di una politica complessiva che sia diversa».

La testimonianza di Gabriele Mari, educatore e inventore di giochi per ragazzi, ha fatto sentire la nostalgia della Ludoteca di Ravenna, da lui gestita per 10 anni fino alla chiusura, nel 2014. «E’ uno spazio di cui Ravenna è rimasta orfana – ha commentato –. I ragazzi si approcciavano inizialmente a noi come a un negozio, poi scattava la molla del gioco libero e in poco tempo la Ludoteca è diventata un luogo senza target d’età. Attorno a questi tavoli sono passate delle generazioni di giocanti, che trovavano nel gioco strutturato un focus attorno al quale confrontarsi». Ora Mari si occupa di progettazione: pensa e realizza giochi da tavolo. L’ultimo, uscito qualche giorno fa, è stato tradotto il 22 lingue ed è stato illustrato da un’ex studentessa del liceo artistico. “Ci sono competenze fresche in città che riguardano proprio i giovani e che andrebbero valorizzate – ha concluso –. I primi che dovrebbero farlo sono i nostri amministratori”.